giovedì 17 novembre 2011

The new Vuitton's web site. Talking about fenomeni complessi.

Mi ricordo di tanti anni fa, quando ancora io ero acerba.
Brancolavo spesso nel buio e mia sorella altrettanto spesso accendeva un faretto che mi faceva strada.
Un giorno si parlò dell'alta moda (mi pare fosse Versace) e lei mi disse (a me che - ebbene si -  da piccola sono stata una vecchia bacchettona) che non ero pronta a capire che l'acquisto di certi marchi non rappresentava solo il vezzo di ricche signore, ma una risorsa economica importantissima per il nostro Paese e altrettanto per mantenere in vita molte associazioni benefiche.
Perché dietro i lustri dei brand ci sono aziende vere e proprie, che danno lavoro al produttore e fino al commesso, passando per i giornalisti delle riviste di moda e i sarti e i commercianti di stoffe. E se vogliamo è meno scostumato comprare un abito/accessorio costoso in boutique piuttosto che comprarne uno contraffatto, che poi contribuisce ad aumentare i giri loschi del riciclaggio e del lavoro nero, degli sfruttatori e dei migranti - ma questa è un'altra storia.
Ecco, il nuovo sito di Louis Vuitton improvvisamente mi ha fatto tornare in mente quella chiacchierata di anni or sono. Certo, il LVMH Group ha come fine ultimo l'aumento dei fatturati e il ROI, ma come tanti altri marchi sta dando il giusto peso alla Responsabilità Sociale che ogni azienda dovrebbe assumersi.
Ho fatto un giro sul sito e mi è piaciuto un sacco ascoltare l'esperienza di Angelina Jolie in Cambogia: mi è parso che da una parte Vuitton stesse recuperando le radici del passato, dato che nacque come artigiano  produttore di bauli da viaggio, dall'altra cercasse di avvicinare il suo brand a valori positivi, che ci inducono a fare un pensiero a chi è meno fortunato di noi e ci avvicinano a culture diverse dalla nostra, ma non per questo peggiori o inferiori alla nostra. Insomma, diciamo che sta facendo il buon caro vecchio gioco di unire l'utile al dilettevole...come hanno fatto anche Bulgari con l'anello Save The Children e Vivienne Westwood con il progetto Ethical Fashion, tanto per citarne un paio.
Certo, fa da contrappeso il valore commerciale di una certa campagna (come già ci ricordava Thomas Dana, autore di DELUXE. Come i grandi marchi hanno spento il lusso), tant'è vero che per vedere alcuni video - tra i più interessanti - un pop-up ci invita a diventare FAN su facebook di Vuitton (Vuitton su facebook???); ma che si credeva? Anche loro dovevano prima o poi fare i conti con il multimedia, i social network, il social marketing...
E anche Vuitton inizierà a fare i conti con i consumatori evoluti, che vogliono assomigliare sempre meno alle masse eppure sentirsene sempre più parte.
A proposito: quando inizierà a fare i conti con gli internauti che si annoiano alla terza capriola del loro logo?! Dai, il web è una cosa per gente veloce....per gente che non ha tempo.
(Oltre che per gente che perde-tempo).

L'anello Bulgari per Save Te Children.

Cartolina di presentazione del progetto di Vivienne Westwood in Africa.